Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni"

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Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni"
Descrizione generale
Attivo14 ottobre 1943-1945
NazioneBandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
ServizioAeronautica Nazionale Repubblicana
TipoAerosiluranti
Velivoli in dotazioneSavoia-Marchetti S.M.79
MottoIn primis propellere hostes a patria
Battaglie/guerreCampagna d'Italia
Sbarco di Anzio
Attacco a Gibilterra
Reparti dipendenti
Campo scuola di Lonate Pozzolo
Comandanti
Degni di notaCarlo Faggioni
Marino Marini
Fonti citate nel corpo del testo
Voci su forze aeree presenti su Wikipedia

Il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni" fu un reparto aereo dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana (l'aeronautica della Repubblica Sociale Italiana ricostituitasi dopo l'armistizio di Cassibile) nato nell'ottobre 1943. Il suo fondatore, capitano Carlo Faggioni, lo nominò inizialmente Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia" in memoria dell'omonimo pilota creduto morto un anno prima in un raid in territorio nemico, in realtà preso prigioniero dagli Alleati. Il reparto prese la sua ultima denominazione dopo la morte di Faggioni, avvenuta nell'aprile 1944 durante un'incursione volta a contrastare lo sbarco di Anzio degli Alleati.

Equipaggiato con aerosiluranti Savoia-Marchetti S.M.79, il gruppo prese parte alla campagna d'Italia e in particolare contrastò lo sbarco di Anzio.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la sua costituzione avvenuta nell'ottobre 1943, l'Aeronautica Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana (RSI) cominciò ad ordinare l'istituzione dei reparti per iniziare l'attività operativa. Contemporaneamente al 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni" e ad altri reparti minori, il capitano Carlo Faggioni costituì ufficialmente la prima unità di aerosiluranti dell'Aeronautica Repubblicana il 14 ottobre 1943 nel campo di Gorizia mentre nel frattempo a Lonate Pozzolo fu istituito un campo addestramento.[senza fonte] Faggioni intitolò l'unità Gruppo Autonomo Aerosiluranti "Buscaglia" in memoria della medaglia d'oro al valor militare Carlo Emanuele Buscaglia, pilota della specialità aerosiluranti creduto morto un anno prima in un raid su Bugia (Tunisia) ma in realtà caduto prigioniero degli Alleati e in seguito inquadrato nell'Aeronautica Cobelligerante Italiana che affiancava gli anglo-americani. Presto vennero radunati prima quattro, poi otto Savoia-Marchetti S.M.79 "Sparviero" presso l'aeroporto di Venegono, restituito dai tedeschi agli italiani l'8 novembre.[1][2]

Faggioni, che alla proclamazione dell'armistizio era a capo della 278ª Squadriglia aerosiluranti, raggiunse con i suoi colleghi l'aeroporto di Siena-Ampugnano da dove era previsto decollare poi alla volta della Sardegna in ottemperanza alle condizioni armistiziali. Tuttavia, a causa della presenza di aerei da caccia tedeschi Messerschmitt Bf 109, della contraerea in un campo sardo e della pista ingombra in un altro aeroporto dell'isola, Faggioni ed i suoi tornarono in Toscana aderendo in seguito all'ANR.[3]

Lo sbarco di Anzio[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sbarco di Anzio.
Cerimonia di giuramento di Carlo Faggioni. Sullo sfondo un Savoia-Marchetti S.M.79 Sparviero

Il 10 marzo 1944 gli aerosiluranti di Faggioni effettuarono la loro prima azione bellica al largo di Nettuno, riuscendo a silurare un piroscafo avversario impiegato in occasione dello sbarco di Anzio. Sei aerosiluranti si alzarono in volo dall'aeroporto di Perugia col favore della notte, per non farsi individuare dall'onnipresente caccia nemica, arrivando sopra l'obiettivo verso le 22:40 accolti dalla contraerea. Un S.M.79 rinunciò all'attacco a causa di un guasto al riduttore di un'elica, mentre un altro non attaccò a causa della scarsa visibilità; quattro aerei sganciarono però i loro siluri e affondarono il citato piroscafo. O meglio questo è quanto riportato da diverse fonti, fino agli anni 1990, un ricontrollo incrociato delle fonti dirette alleate, eseguito da Alberto Santoni e Francesco Mattesini, dimostra come quella missione fu particolarmente sfortunata, con nessun siluro a segno.[4] Nel viaggio di ritorno un aerosilurante venne abbattuto dai caccia notturni britannici, mentre gli altri cinque, dopo uno scalo a Perugia, fecero ritorno a Gorizia.[5] Nella notte tra il 13 e il 14 marzo fu effettuato un nuovo attacco con sette aerosiluranti che portò al danneggiamento di un piroscafo, un cacciatorpediniere e alcuni natanti minori. Due aerosiluranti nel corso delle due azioni furono abbattuti (tenenti Giovanni Teta e Giuseppe Balzarotti).[6] Stando ad un'altra fonte, all'attacco del 13-14 marzo parteciparono solo cinque Sparviero (un sesto venne abbattuto, mentre prima dell'avvio dell'operazione da Perugia si stava dirigendo a Gorizia, per sostituire un siluro difettoso) e vennero colpite solo due navi. Oltretutto, non vengono menzionate perdite se non per il marconista Renzo Signorini (in particolare, la morte del tenente Giovanni Teta viene fatta risalire all'attacco del 10 marzo).[7]

Il comando alleato preoccupato per l'incursione degli aerosiluranti dispose il bombardamento a tappeto del campo di Gorizia da cui erano partiti.[senza fonte] Il gruppo "Buscaglia" fu costretto a trasferirsi nel Campo della Promessa di Lonate Pozzolo, da dove tredici S.M.79 si alzarono per Perugia il 6 aprile 1944. Durante il tragitto un velivolo tornò indietro per un guasto, mentre altri cinque, appesantiti dai siluri, vennero falcidiati dai Republic P-47 Thunderbolt del 57th Fighter Group statunitense (un aereo italiano riuscì comunque a compiere un atterraggio d'emergenza). Gli otto velivoli superstiti si sparpagliarono e atterrarono ad Arezzo, Perugia o Modena. Gli statunitensi accusarono la perdita di due caccia. La grave perdita di uomini (ventisette) e materiali (cinque aerei) fece pensare ad una fuga di informazioni verso il nemico, e sembra che in effetti degli agenti segreti antifascisti rivelarono agli Alleati la tabella di marcia degli Sparviero del gruppo "Buscaglia", anche se i comandi Alleati conoscevano già i dettagli dell'operazione grazie all'intercettazione di un messaggio radio proveniente dal comando della Luftflotte 2 (l'unità della Luftwaffe stanziata in Italia) e decrittato con il sistema Ultra.[8] La missione fu sospesa e ripetuta contro le navi all'ancora davanti San Felice Circeo il 10 aprile dai quattro velivoli ancora in condizione di volare. Da questa nuova azione riuscì a tornare alla base solo il velivolo guidato dal capitano Irnerio Bertuzzi,[9] mentre gli altri, tra cui quello pilotato dal comandante Faggioni, furono abbattuti; uno cadde per il maltempo a Medesano e sopravvisse solo il copilota Jasinski, lanciatosi col paracadute.[10] Il tenente Ottone Sponza dopo un fortunoso ammaraggio fu tratto in salvo insieme al resto dell'equipaggio da un mezzo da sbarco statunitense, per poi essere internato nel campo di concentramento di Hereford. I piloti italiani centrarono tre navi con i siluri.[11]

Dopo poche azioni, il Gruppo "Buscaglia" aveva perso il comandante e gran parte dei suoi velivoli e piloti. A Faggioni subentrò il capitano Marino Marini.

L'azione su Gibilterra[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º giugno una squadriglia di 10 velivoli Savoia-Marchetti S.M.79, guidata dal comandante Marini, partì per una nuova missione contro la piazzaforte britannica di Gibilterra. Il 3 giugno gli aerosiluranti si trasferirono a Istres, in Francia, e, il 5 giugno, la squadriglia, composta da dieci aerosiluranti, arrivò sull'obiettivo. La squadriglia effettuò un attacco contro le navi alla fonda nel porto di Gibilterra, l'esito dell'azione è controverso, l'ANR dichiarò che l'azione aveva portato all'affondamento di quattro navi e al danneggiamento di altre due, mentre gli inglesi sostengono che grazie alle reti parasiluri, nessuna imbarcazione è affondata e solamente due hanno subito dei danni.[12] La squadriglia rientrò alla base senza aver subito perdite, ma lungo il percorso tre velivoli, per mancanza di carburante, effettuarono una scalo supplementare in Spagna e altri due a Perpignano.[13] L'azione ebbe vasta eco e tutti i partecipanti all'impresa furono decorati con la medaglia d'argento.

Gli ultimi combattimenti[modifica | modifica wikitesto]

Il 6 luglio invece, un attacco contro il porto di Bari fallì a causa del forte fuoco di contraerea, soltanto Perina riuscì a danneggiare lievemente con un siluro un cacciatorpediniere, nelle acque antistanti[14]. Invece ebbe successo, a fine luglio, il siluramento di un piroscafo al largo di Bengasi. Nell'agosto si venne a sapere della morte di Buscaglia all'aeroporto di Napoli così il gruppo cambiò denominazione e fu intitolato a “Carlo Faggioni”. Il 25 dicembre 1944 e il 5 gennaio avvennero le ultime azioni belliche nel corso delle quali il pilota Del Prete affondò un ultimo piroscafo al largo di Rimini.

Risultati reali[modifica | modifica wikitesto]

Dopo un controllo incrociato delle fonti alleate, tedesche e italiane, si ritiene che il gruppo si avvicini alle 27 vittorie per 115000 tonnellate dichiarate, oltre al danneggiamento del piroscafo britannico Samsylarna, effettuato il 4 agosto 1944 a nord di Bengasi, da aerei partiti da Elusi. In compenso il gruppo, che continuò ad usare per tutta la guerra un aereo decisamente superato contro una contraerea sempre più efficiente ed una caccia in nettissima superiorità numerica, patì 15 abbattimenti, oltre a 8 velivoli distrutti al suolo e 4 precipitati per incidenti di volo.[15]

La fine della guerra[modifica | modifica wikitesto]

Il 14 marzo 1945 i tenenti Roberto Salvi e Piero Leonardi e altri due avieri furono assassinati alle spalle da sconosciuti mentre rientravano al campo. Questo fu l'unico fatto di sangue che vide coinvolti militari del Gruppo Buscaglia nel corso della guerra. Dopo il 25 aprile tutto il personale, dopo aver sabotato gli apparecchi, si concentrò a Castano Primo. Qui, una volta consegnate le armi ai membri della resistenza, furono lasciati liberi di allontanarsi con dei salvacondotti.

Assi del gruppo[modifica | modifica wikitesto]

Comandanti[modifica | modifica wikitesto]

Cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2010 è stato realizzato un documentario dal titolo Il nemico sulle ali regia Claudio Costa in cui il generale pilota Alessandro Setti, cinque medaglie d'argento come aerosiluratore, racconta gli anni della guerra e la sua amicizia con Buscaglia, Faggioni e molti altri. Nel 2016 per la stessa serie sui veterani italiani è stato pubblicato il documentario dal titolo "Volando con il Gobbo" con la testimonianza di Luciano Consonni motorista dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 la Luftwaffe, l'aeronautica militare tedesca, requisì tutte le strutture e i materiali, inclusi gli aerei, della Regia Aeronautica. Col tempo il "bottino" venne restituito all'Aeronautica Repubblicana.
  2. ^ Molteni 2012, p. 460.
  3. ^ Molteni 2012, pp. 433-434.
  4. ^ A. Santoni, F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo, 1940-1945, Parma, 2005, pp. 568..
  5. ^ Molteni 2012, pp. 495-496.
  6. ^ Mattioli 2009, p. 36.
  7. ^ Molteni 2012, p. 496.
  8. ^ Molteni 2012, pp. 497-498.
  9. ^ Irnerio Bertuzzi nel dopoguerra fu assunto all'Eni nel 1958 diventando in breve tempo il pilota di fiducia del presidente della società Enrico Mattei. Morirono entrambi nell'incidente del 27 ottobre 1962.
  10. ^ I resti di quest'ultimo aerosilurante, pilotato dal capitano Valerio, sono stati recuperati dall'associazione "Tracce di storia" il 19 luglio 2008. TDS dona i resti del "Savoia Marchetti 79", su traccedistoria.it. URL consultato il 10 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013).
  11. ^ Molteni 2012, pp. 498-499.
  12. ^ Sgarlato 2010, p. 59: "L'esito della missione è controverso: l'ANR dichiarò l'affondamento di quattro navi e il danneggiamento di due, per complessive 40.000 t, ma fonti inglesi sostennero che nessuna unità era stata affondata, grazie alla presenza di reti parasiluri".
  13. ^ Mattioli 2009, p. 38.
  14. ^ Mattioli 2009, p. 36: "rivendicarono di aver colpito un cacciatorpediniere, affondamento di due navi e di aver silurato un mercantile, ma anche stavolta i presunti centri non trovarono conferma".
  15. ^ A. Santoni, F. Matesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945). Parma, 2005, p. 569.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Apostolo, Giorgio Bignozzi, Baldassare Catalanotto e Cesare Falessi, La seconda guerra mondiale IIª parte, a cura di Giuseppe Dicorato, collana Storia dell'Aviazione, vol. 4, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1973, p. 672..
  • Nino Arena, L'Aeronautica Nazionale Repubblicana, Parma, Albertelli Editore, 1995, ISBN 88-85909-49-3.
  • Gianni Bianchi, I ragazzi del gruppo Buscaglia. La storia di Carlo Faggioni e dei ragazzi degli altri gruppi di Aerosiluranti nelle battaglie aeronavali del Mediterraneo, 1998.
  • Sebastiano Licheri, L'arma aerea italiana. 10 giugno 1940 - 8 maggio 1945, Milano, Mursia, 2000, ISBN 88-425-2741-6.
  • Mirko Molteni, L'aviazione italiana 1940-1945 – Azioni belliche e scelte operative, Bologna, Odoya, 2012, ISBN 978-88-6288-144-9.

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Marco Mattioli, Gli aerosiluranti dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana 1943/1945, in Storia e Battaglie, n. 93, luglio-agosto 2009.
  • Nico Sgarlato, Il 1944 e il 1945, in La guerra aerea nel Mediterraneo, n. 2, Parma, Delta Editrice, giugno-luglio 2010, ISSN 2037-4771.
  • Claudio Costa, Volando con il Gobbo, DVD 28, Roma, Ronin Film Production, maggio 2016.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]